A Zagarolo (RM), caratteristico borgo romano abbarbicato su una collina tufacea, a 36 km dalla Capitale, ogni anno si ripete un rito che affonda le sue radici nella leggenda: l'appuntamento con l'originale Sagra del Tordo Matto.

Due le date della 28° Edizione: 27-28 Giugno 2020 

Il tordo matto e la sua storia nella cucina zagarolese sono forse nate insieme come si evince dalla “leggenda” di seguito riportata. In un saggio del 1820 (per il principe Rospigliosi), il medico condotto Paolo Montorsolo, scrive che la diffusione di questo piatto era dovuta alla numerosa presenza di cavalli e asini, impiegati soprattutto per i lavoro agricoli e il trasporto delle merci dalla campagna al paese. Zagarolo, piccola comunità, dominata dallo strapotere della litigiosa famiglia Colonna, assisteva impotente agli eventi che ogni giorno cambiavano il corso della storia subendo conseguenze funeste causate da situazioni estranee ed essa. Il famigerato Ugo di Moncada, inviato da Carlo V, re di Spagna, diede l'avvio ad una serie di intrighi in collaborazione con i Colonna. A questi si unirono i feroci lanzichenecchi assoldati da Giorgio von Frundsberg, che, in odio a Roma e a tutto ciò che era italiano, cominciarono le loro scorribande che precedettero il noto sacco di Roma.

Gli abitanti di Zagarolo fuggirono nella campagna circostante fino a quando gli eserciti in lotta si ritirarono, lasciando sul terreno oltre che ai morti anche numerosi feriti. Fra questi un lanzichenecco ferito che barcollando si avvicinò ad una capanna nei pressi di Zagarolo, seguito da un cavallo ferito che sanguinava da più parti e camminava con tre zampe. Nella capanna si erano rifugiati due contadini che si spaventarono vedendo avvicinarsi questo armigero barbuto, e cercarono di nascondersi. ma quando capirono che si trattava di un soldato ferito lo accolsero nel loro rifugio e si prodigarono per curarlo; il soldato si preoccupò di fargli capire che aveva fame, chissà da quanto tempo non si cibava. In quella capanna c'erano povere cose, ma di cibo nemmeno l'ombra, infatti i vecchi coniugi si arrangiavano a sopravvivere con un po' di verdura, qualche frutto e qualche uovo. Da offrire al soldato affamato c'era poco e niente; offrirono un po' di verdura ma lui la rifiutò decisamente, cominciando a gridare con un incomprensibile linguaggio la parola “drossel”.

Provvidenzialmente il malconcio cavallo che lo seguiva morì proprio nei pressi della capanna, per l'abbondante perdita di sangue. Alla vista di quella morte provvidenziale, all'anziana contadina, che come tutte le donne ne pensava sempre una più del diavolo, balenò un'idea geniale: intuì che lo sfortunato cavallo avrebbe risolto il problema. Presero il povero cavallo, lo scuoiarono e lo squartarono. ridussero le sue saporite carni in fettine sottili, ne fecero degli involtini che misero ad arrostire, usando la punta della lancia dello sfortunato armigerato, come uno spiedo. dopo opportuna cottura li offrirono all'inquieto soldato nella speranza di calmare la sua insaziabile fame. Ma quando sembrava che il problema fosse risolto l'irrequieto soldato ricominciò a sbraitare e fece capire che la carne non aveva sapore. La vecchietta cominciò a cercare dai vicini qualche condimento in cambio di un po' di carne e riuscì a rimediare un po' di lardo e varie spezie con i quali condì nuovi involtini. Quando offrì questo “cibo miracoloso” al soldato questi ne mangiò avidamente bevendo un po' di vino e mostrò di essere soddisfatto. Il soldato si ubriacò e cominciò a cantare la parola “drossel” fino a quando l'insaziabile lanzichenecco si addormentò.

Il mattino dopo la vecchietta andò a controllare la salute dell'arrogante ospite, ma dovette constatare con stupore che il soldato “matto”, come ormai tutti lo chiamavano, era scomparso. In verità non se ne dispiacque molto, era finalmente finito l'incubo, ma memore della ricetta miracolosa che aveva calmato le furie dell'armigero, si diede a confezionare molti involtini di carne. Invitò tutti i vicini e con essi festeggio la fine del doloroso evento bellico mangiando il manicaretto con gusto e appetito. Terminate le infauste giornate dei combattimenti,la popolazione costretta ad evacuare l'abitato rientrò nelle abitazioni abbandonate. Rientrarono anche i vecchietti protagonisti della vicenda del lanzichenecco e raccontarono il tragicomico episodio del quale erano stati protagonisti, insegnando a tutti la ricetta miracolosa che aveva calmato l'inquieto soldato, ormai ricordato come soldato “matto” che tra i fumi del vino cantava un motivo ripetendo continuamente la parola “drossel”.

E' ovvio che non ci volle molto per sapere il significato di questa enigmatica parola che in lingua tedesca significa “tordo”. Pertanto l'originale ricetta prese il nome di tordo del matto, semplificato in seguito “tordo matto”.

Area di produzione del Tordo Matto: Intera area dei Colli Prenestini comprendente i Comuni di Zagarolo, Palestrina, San Cesareo, Gallicano, Genazzano, Castel S. Pietro, Cave, Rocca Di Cave, Caprinica Prenestina, San Vito, Olevano, la città capofila è quella di Zagarolo.

Composizione: Carne di cavallo, tritato di lardo di suino, aglio fresco, prezzemolo e salvia peperoncino macinato, sale e coriandolo.

Tecnica di lavorazione: Le fettine di carne di cavallo vengono disposte aperte su un vassoio di plastica o acciaio inox per condirle con il tritato di lardo di suino, aglio fresco, prezzemolo e salvia (macinato per mezzo di un tritacarne). la quantità del tritato da disporre è di circa 20-30 g/per fettina. Successivamente le fettine vengono avvolte per 2 giri al massimo (per favorire una cottura omogenea anche all'interno dell'involtino) e chiuse per mezzo di uno stuzzicadenti e aromatizzate con peperoncino macinato, sale e coriandolo. Il tipo di tagli generalmente impiegati sono spalla e coscia, o comunque tagli teneri e uniformi con cui ricavare fettine non molto grandi. La preparazione degli involtini avviene soprattutto nelle macellerie locali, ma anche presso i ristoranti locali che propongono il Tordo Matto di Zagarolo cucinato alla brace o arrosto. La carne proviene da cavalli allevati allo stato brado nella zona dei colli prenestini e macellati presso le strutture di zona.

In tutti questi anni, in cui la tradizione del Tordo Matto si è tramandata di generazione in generazione, ruolo importante l'ha avuta il Comitato Organizzatore della Confraternita Sant'Antonio, che ha saputo umilmente rimettersi in discussione e rinnovarsi. 

E' riuscita, pertanto a riconsiderare un modo nuovo di approcciarsi all'evento e a collaborare fattivamente con la neonata Associazione Bubbulà, che si avvale di professionisti con una concezione diversa ed originale dell'organizzazione di manifestazioni culturali e gastronomiche. 

La sinergia venutasi a creare ha fatto sì che emergesse un nuovo concetto di sagra, in grado di restituirne i valori originali e di riproporne le tradizioni, le peculiarità ed i vari aspetti in maniera assolutamente innovativa. 

L' evoluzione verso un nuovo tipo di manifestazione darà la possibilità di rivedere l'offerta attuale alla luce dei seguenti obiettivi:

•Elevare quanto più possibile il livello qualitativo

•Portare una ventata di novità attirando nuove fasce di pubblico

•Diventare lo standard di riferimento per altri eventi e realtà associative sul territorio

•Costruire intorno al Tordo Matto una nuova storia turistica e commerciale per Zagarolo.

La manifestazione, che verrà proposta anche quest'anno, non sarà, tuttavia uno scriteriato stravolgimento della tradizionale Sagra del Tordo Matto, ma una sua naturale evoluzione con una qualità nettamente superiore, tale da venire immediatamente percepita grazie alla presenza di molte realtà nazionali e internazionali coinvolte allo scopo di favorire il rilancio territoriale.

 

E allora......Buon Tordo Matto a Tutti!!!!

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28° SAGRA DEL TORDO MATTO di ZAGAROLO

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